
Le maggioranze hanno la cattiva abitudine di guardarsi alle spalle e di contarsi. Approfittando del fatto di essere così numerose, pensano di essere in grado e, soprattutto, pensano di avere il diritto di umiliare le minoranze. L’invocazione si chiama smisurata perché è fuori misura e, forse, non sarà ascoltata da nessuno. Ma noi ci proviamo ugualmente.
"Sullo scandalo metallico di armi in uso e in disuso, a guidare la colonna di dolore e di fumo che lascia le infinite battaglie al calar della sera, la maggioranza sta recitando un rosario di ambizioni meschine, di millenarie paure, di inesauribili astuzie.
Aforismi personali
Patriottismo Non è Nazionalismo, né Xenofobia, né Campanilismo
Amore per
Chi Manifesta per la propria Dignità Non è Radical Chic
Chi vuole che si rispetti
Amo le Donne, ma ammiro Chi non teme di Amare Qualcuno del Suo Stesso Sesso
La mia Cultura Non mi fa Guadagnare Denaro, ma mi permette di Guardare dall’Alto i Despoti Ignoranti al Potere
Non sono Apolitico, Non Odio
Che cos’è
Ti amo Italia
Corruzione, furbizia, sciacallaggio,
menefreghismo, ignoranza, xenofobia.
Nord contro Sud, Meridione contro Settentrione,
figli di un’unica patria di cui non siamo degni.
Provo vergogna a esser italiano,
vedendo il mio Paese crollare
sotto i colpi della tirannia
di una politica che l’ha sbranato.
Centocinquanta gli anni dall’Unione,
un’unica riforma per lo sgretolamento.
Parlamentari noncuranti di una storia
che lentamente stanno dilaniando.
Costituzione degna di gran fama,
rinnegata dai padroni e dagli infami,
da quelle stesse bestie che dalle solite poltrone
recitano ancora i soliti copioni.
Giovani senza speranza,
famiglie disperate senza pane
per una crisi che fino a ieri
tentavano di nascondere.
Sono stufo ed arrabbiato,
ormai impigrito e abituato
a veder le stesse facce
da una vita.
Ti amo Italia
perché mi hai dato la speranza
di una democrazia
che oggi vedo troppo distante.
Ti amo italiano
perché so che reagirai.
Non so quando, non so come,
ma sono certo che lo farai.
Se la cultura ci hanno insegnato a detestare,
sicché dall’ignoranza nasce questa condizione,
con il sapere muoverò il pensiero
e un dì conoscerò il mio vero Paese.
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Non so che pensare
Come sarebbe bello
Non pensare.
Tempo fa credevo
Che la ragione
Fosse l’unica arma
Per debellare l’ignoranza.
Ora m’accorgo
Che con la strafottenza generale
E questa dispersione
Di Ideali
Non mi resta che piangere
Nel vedere appassire la speranza
Che diventa illusione,
Ogni giorno che sorge,
Ogni notte che incombe.
E mi chiedo se non è meglio l’ignoranza.
O la morte.
lunedì 28 febbraio 2011
Sogno finito, Milan batte Napoli 3 a 0
Berlusconi show II
sabato 26 febbraio 2011
Berlusconi show
Il pentito Brusca: "Dell'Utri e Ciancimino referenti di Riina"
Altra perla di Corona. Entra in casa Scazzi da una finestra
Ritrovato il corpo di Yara
venerdì 25 febbraio 2011
Micromega-Saviano: Come liberare l'Italia da Berlusconi?
Il questionario di MicroMega e la risposta di Roberto Saviano
MICROMEGA - Da tutte le parti si invoca “unità” per liberare l’Italia dal regime antidemocratico di Berlusconi. Spesso, tuttavia, le varie componenti dell’Italia che ancora si riconosce nella Costituzione repubblicana non accettano neppure di dialogare, di discutere insieme. Per contrastare questa tendenza, MicroMega si rivolge a personalità di diverso orientamento, nella speranza che almeno la premessa dell’azione comune, la comune discussione, possa avviarsi subito. L’intervento che sollecitiamo parte proprio da questa urgenza: le elezioni sono sempre più probabili, e di fatto costituiranno un referendum sulla pretesa di Berlusconi di avere tutti i poteri, facendo strame della Costituzione.
Per difendere/realizzare
Tutti i sondaggi rilevano che una quota tra il 40% e il 50% del corpo elettorale è talmente disgustato da tutti i partiti che prevede di non recarsi alle urne o di decidere all’ultimo minuto (turandosi il naso, si presume, e scegliendo un “meno peggio”). D’altro canto nel 2008 il Pd alla Camera otteneva circa 12 milioni di voti, alle europee dell’anno successivo 8 (e i voti del 2008 erano quelli di una sconfitta!), e la disaffezione ha continuato a crescere. Non è esagerato ipotizzare che rispetto ai consensi che garantirono due vittorie elettorali, e tenuto conto dell’incremento degli aventi diritto, manchino oggi cinque o sei milioni di voti. Sono i milioni di voti che probabilmente faranno la differenza e decideranno dell’esito elettorale, a seconda di quanti ne saranno recuperati (o di altri che saranno ulteriormente perduti).
Quale pensi sia la strada migliore per recuperarli? Sollecitare nell’alleanza la presenza di una o più liste civiche, di “società civile”, con candidati tutti non di partito (la “Porcata” ha il vantaggio che dentro un’alleanza nessun voto va disperso, se una lista non raggiunge il quorum per avere parlamentari i suoi voti si distribuiscono su quelle che ne eleggono), limitarsi ad aprire le liste di partito a qualche indipendente, o puntare unicamente su leader e candidati di partito?
ROBERTO SAVIANO - Rispondere a queste domande non è cosa semplice per una serie di ragioni. La prima è che forse bisognerebbe partire analizzando il sistema elettorale italiano e cercare di capire se davvero risponda alle nostre esigenze. Se il nostro voto, che si trasforma in seggio, rispetta le istanze di rappresentatività che l’Italia ha nel suo complesso e nelle diverse realtà territoriali. Evidentemente no. Per come sembra stiano andando le cose, gli italiani non si sentono rappresentati in maniera adeguata, non conoscono i propri politici di riferimento e di fatto non hanno scelto loro di mandarli in Parlamento.
A questo aggiungo alcune considerazioni di natura diversa. Davvero un sistema elettorale, come è il nostro, proporzionale con premio di maggioranza e sbarramento, può portare con tutti i suoi limiti alla drammatica situazione che stiamo vivendo? Io credo di no. Mi spiego meglio. Ad ogni elezione, soprattutto nelle comunali e nelle regionali, e soprattutto nelle regioni del sud Italia, la pratica della compravendita dei voti è ormai prassi diffusa. Sono anni che se ne parla. Sono anni che ne scrivo, arrivando addirittura, in occasione delle amministrative in Campania a chiedere l’intervento dell’Osce, di osservatori esterni in grado di garantire il corretto svolgimento delle elezioni. E in quell’occasione l’Osce mi rispose che dei suoi rappresentati sarebbero intervenuti a patto che fosse stata ufficialmente fatta richiesta dalle istituzioni italiane. L’invito non arrivò mai, né il Pdl, né il Pd ritennero necessario far monitorare quelle elezioni che erano fortemente a rischio.
Tempo dopo ho scritto (non solo, ne ho anche parlato durante la trasmissione “Vieni via con me”) di come, in Campania e in Calabria si potessero acquistare voti e quindi seggi e quindi rappresentanza politica con pochi euro. Non nascondo che sono rimasto stupito da come le mie parole, che poi erano state le parole e le denunce di molti altri prima di me, non abbiano sconvolto l’opinione pubblica. Mi ha stupito che non sia iniziato un movimento di indignazione collettiva su come il nostro voto, la nostra partecipazione alla vita politica venga costantemente tradita. La politica poi ha assunto, per sua stessa natura, un carattere sempre più mediatico, di conseguenza le forze politiche che non sono ospitate nei talk show, che non vanno in televisione, che non vengono citate sui quotidiani, praticamente non esistono. Possono formare liste, possono proporre candidati, ma non potranno ottenere seggi se non raggiungono lo sbarramento in atto nel nostro sistema elettorale.
Le elezioni sono alle porte, si dice, e a me sembra una minaccia più che una liberazione, ma prima di votare, questa volta, mi piacerebbe che il sistema elettorale venisse modificato, dal momento che il premio di maggioranza che doveva servire per garantire la governabilità a scapito della rappresentatività è stato comunque tradito dalla mancanza di armonia e di scelte condivise all’interno delle coalizioni che sono costantemente paralizzate dal fuoco amico che non permette di fare le riforme che servono. Poi, tenere conto dei condizionamenti esterni che il voto subisce – voti acquistati per 50 euro, per la spesa di una settimana, per una ricarica al cellulare, e il conflitto di interessi che riguarda il presidente del consiglio e su cui sembra che l’opposizione abbia da tempo deposto le armi – aiuterebbe a capire in che senso dovrebbe andare la rimodulazione del sistema elettorale e la sua effettiva utilità, se tutto il contorno non viene modificato.
Fatta questa lunga premessa, un metodo in teoria valido per poter individuare il leader politico sarebbero le primarie, quando siano svolte in osservanza delle regole, quando la direzione centrale di un partito abbia la forza di imporre la linea anche in aree più problematiche. Quando ci si domanda e si danno risposte credibili, ad esempio, su come sia stato possibile che in un solo pomeriggio a Napoli abbiano aderito al Pd in seimila. Chi erano tutti quei nuovi iscritti, chi li aveva raccolti, chi li aveva mandati a fare incetta di tessere? Da chi è formata la base di un partito che a Napoli e provincia conta più di 60.000 tesserati e
Credo infine che la politica la debbano fare i politici. Mi spiego. È importante che chi abbia il compito di rappresentare i cittadini, nella loro possibilità di sentirsi parte di un meccanismo che non gli deve essere estraneo, si sia formato nella militanza e nella pratica democratica. Agli intellettuali e ai giornalisti, il dovere di osservare, controllare e analizzare. Un’osmosi tra tali ruoli potrebbe essere rischiosa, anche se è accaduto che intellettuali come Vaclav Havel o André Malraux abbiano dimostrato che in alcune circostanze la presenza di intellettuali in politica può dare ottimi frutti.
Corrado Guzzanti in uno dei suoi esilaranti monologhi faceva ironia sul fatto che Berlusconi fosse entrato in politica a destra perché, decimato
Gli elettori non chiedono altro che potersi fidare, non chiedono altro che assistere finalmente ad assunzioni di responsabilità. Gli elettori sarebbero pronti a perdonare e a siglare nuovi patti di fiducia a condizione però che li si tratti con onestà, che gli si chieda scusa. La sensazione è che i cittadini continuano a scendere in piazza senza che i politici prestino davvero attenzione a quello che in quelle piazze viene detto. Dietro i “dimettiti” e i “se non ora quando”, c’è l’urlo disperato di chi sa che dopo questa fase non c’è luce, non si vede speranza.
Prima degli scandali, prima ancora di dare per concluso un processo che si sta per celebrare, di argomenti con cui coinvolgere l’opinione pubblica la sinistra ne avrebbe tantissimi, ma le divisioni interne non devono distrarre da premesse e obiettivi comuni che sono la base per riacquistare la fiducia di quegli elettori che, al confronto elettorale, faranno la differenza.
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